TorTour 2005 : diario

Giorno 1 - Sabato 30 luglio 2005
Km 44,9 - 1553 m. salita - 490 m. discesa

Silandro - Glorenza - Burgusio - Slingia - Rifugio Sesvenna

Ore 9.15 di un afosissimo sabato di agosto a Bolzano: inizia con un riuscito contorsiosismo meccanico (6 persone e 6 mtb in 1 Scenic e 1 Brava) il TorTour 2005, in assoluto il primo a "scollinare" oltre quota 3000 m.
E' un'edizione "rave" perché oggettivamente limitata dai posti disponibili nei rifugi che ci ospitano: la sechs-machine é cosí composta Max, Viti, Andrea, Mathias, Wadis e Enrico ed il percorso si preannuncia molto affascinante, interamente all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio (settore altoatesino e lombardo) e del Parco Nazionale Svizzero.

Alle ore 10.30 il gruppo giunge a Silandro/Schlanders dopo un trafficatissimo trasferimento su ME-BO e strada della Val Venosta: tutti d'accordo nell'optare subito per una colazione frazionata tra bar (a quest'ora hanno finito le brioches .. !?) e negozio di gastronomia (superbo il panino con lo speck !).

Alle ore 11.20, con 33 gradi, ha finalmente inizio l'avventura e ci immettiamo nella ciclabile della Val Venosta. Impossibile perdersi: ottima la segnaletica, seguiamo il tracciato assolutamente privo di difficoltá che si snoda in riva all'Adige ed in mezzo ai meleti, a tratti anche su fondo sterrato, sotto gli sguardi di numerosi imponenti castelli.

Passiamo dalla "marmorea" Lasa/Laas, impressionanti le rampe per il trasporto del famoso marmo bianco, (m. 869 - km 6,0) alla "bucolica" Prato allo Stelvio/Prad am Stilfser Joch, tutto in ordine ed uno splendido laghetto circondato da prato all'inglese (m. 907 - km 14,3) e verso le 13.00 ca. siamo nella "medioevale" Glorenza/Glurns (m. 912 - km 24,0) che ci accoglie all'interno della sua splendida cinta muraria in cui stona il traffico sostenuto di auto e moto di passaggio.

La strada ora inizia a salire tra stradine di campagna e, dopo Laatsch/Laudes e Schleis/Clusio, giungiamo a Burgeis/Burgusio (m. 1203 - km 32,3) tipico borgo contadino venostano ai piedi del monastero benedettino di Marienberg ed il castello principesco.
Lungo la salita asfaltata che sale a Slingia il termometro sale fino a 36°: al bivio per Prämajur (e gli impianti del Monte Vatles) l'aria si fa finalmente piú fresca e la strada spiana per poi risalire verso il paese di Slingia/Schlinig (m. 1738 - km 39,9).

I gradi sono 25 e la valle sale verso il confine Italia/Svizzera: l'asfalto lascia il posto allo sterrato solo prima della Schliniger Alm (m. 1868 - km 42,4) e giunti ai piedi della cascata del torrente Metzbach s'impenna anche fino al 30% per superare il dislivello che conduce al pianoro soprastante. Spingere la bici lungo gli ultimi tornanti é inevitabile, poi una volta la vista sulla valle sottostante é stupenda.

Le ultime pedalate sul sentiero ed alle 16.10 siamo giá al Rifugio Sesvenna (m. 2256 - km 44,9) dove spiccano le stelle alpine nel prato e l'asinello con caprette nel recinto nei pressi della teleferica che viene utilizzata per il trasporto di materiale e vettovaglie, visto che salire fini qui con un auto, anche se 4x4 non sembra proporio proponibile.
Trasferimento in stanza da 5 che diventa da 6 (materasso per terra - alla faccia della prenotazione 60 giorni prima !), doccia calda in camera (non per alcuni sventurati ignari che si precipitano in di quella comune), ripetuti tentativi di comunicazione cellulare (quassú prende solo il Sagem!), weizen(-cola) + grappino + dolce, un po' di sole e poi é ora di cena.

Porzione misera di spaghetti al pomodoro (con erba cipollina..) - polenta e gulasch - pane (con anice, vero Enrico ?) ... aspettiamo tutti la sorpresa del dolce, come annunciato a tutta la sala dal giovane oste. L'attesa non vale la pena: uno yoghurt alle fragole ?!?!? Per fortuna c'é il Cabernet (solo per 3 eletti), i grappini (per tutti) ed una "raggio" a briscola : poi tutti a nanna, domani ci aspetta una tappa lunga e dura.

Giorno 2 - Domenica 31 luglio 2005
Km 81,6 - 2054 m. salita - 2368 m. discesa
Rifugio Sesvenna - Val d'Uina - Sur En - S-charl - Alp Astras - Pass da Costainas - Lü - Valchava - Doss Radont - Val Mora - Rifugio Val Fraele


La guerriglia notturna con i sacchi lenzuolo lascia in tutti il segno: non si dorme praticamente fino alle 01.00, si dorme male e poco dopo. Alle 6.30 i pionieri che riescono a trovare la via d'uscita dal rifugio vengono accolti da nuvole, freddo e dalla preoccupante vista di una cortina di nebbia che proviene dal passo.
Colazione in anticipo sulla tabella di marcia ed alle ore 8.10 e, coperti il necessario per far fronte ai 7 gradi di temperatura, siamo in sella lungo il sentiero che si perde nel nebbione. Superiamo agilmente il leggero dislivello che ci separa dal Passo Slingia (Km. 1 - m. 2309), anche se i banchi di nebbia rendono surreale un ambiente, ruscello-laghetti-prati, altrimenti molto più fotogenico e di cui spesso possiamo solo apprezzare il rumore dell'acqua.
Sul single track in invitante saliscendi fino al confine Italia/Svizzera evitiamo la collisione con un paio di bovini sprovvisti di fendinebbia e, anche se nessuno lo dice, siamo tutti sulle spine per quello che ci aspetta più avanti, la mitica e temuta gola della Val d'Uina: i cartelli di pericolo che incontriamo non aiutano certo a tranquillizzarci, anche se lo scambio di foto con un gruppo di bikers tedeschi aiuta a sdrammatizzare. Il sentiero scende lungo il torrente fino ad un punto in cui la terra lascia spazio alla roccia ed uno sbarramento di massi ci obbliga a scendere dalle bici : inizia il tratto scavato nella roccia (m. 2124 - km 3,81).
Lo spettacolo è veramente impressionante: sul lato destro della valle un taglio di 600 m. nella parete verticale rocciosa, creato nel 1910, permette di superare la gola creata nel corso dei millenni dai torrenti che scendono dal pianoro soprastante. La nebbia impedisce di vedere il panorama oltre la gola, ma ogni passo é comunque un'emozione: il sentiero é piú largo di quanto ci fossimo attesi e messo quasi ovunque in sicurezza, rimesso "a nuovo" proprio quest'anno (sapevano che saremmo arrivati ...) ma alcune gallerie buie e in ripida discesa (al pensiero di farle con il ghiaccio mi viene male!) alcuni tratti senza protezione e la costante vista del torrente che scorre laggiú tengono alta la tensione.
Con l’ultima galleria termina la gola vera e propria (m. 1971 - km 4,46): in 600 m. siamo scesi di m. 150 nel cuore di una parete di roccia .... niente male. Il sentiero scende ancora ripido fino ad un piccolo ponte provvisorio sul torrente, da qui il single track é nuovamente invitante: tutti nuovamente in sella e via in discesa in mezzo alla fitta vegetazione fino alla malga Uina Dadaint (m. 1779 - km 6,4), non senza prima esserci fermati al cospetto di un misterioso esemplare equino.
Dalla malga il sentiero diventa una larga forestale, lungo la quale incrociamo solo bikers in salita, che scende veloce fino a Sur En (m. 1143 - km 12,92) dove arriviamo verso le 10.00 mentre il tempo non accenna a migliorare. Imbocchiamo la ciclabile sterrata che scorre lungo il torrente poi diventa la ciclabile asfaltata piú larga che abbiamo mai percorso, ed in mezzo a prati verdissimi spuntano i primi colorati condomini (!) di Scuol (m. 1223 - km 18,5) da cui parte il percorso nr. 444 della Nationalpark Bike Marathon all'interno del Parco Nazionale Svizzero dell'Engadina.
Quella fino a S-charl, in condizioni normali, é una costante salita lungo l'omonima valle: i primi 8 km sono asfaltati in mezzo al bosco poi la strada diventa un bianco sterrato sulle sponde del torrente Clemgia: purtroppo il cambio di fondo coincide con l'inizio della pioggia che continua a cadere incessante fino a S-charl (m. 1790 - km 32,2) dove troviamo riparo dall'acqua e dal freddo (ci sono di nuovo 9 gradi) dentro l'unico locale del posto, dove ci ristoriamo velocemente in attesa che spiova. Ed in effetti poco dopo la pioggia cessa, paghiamo i nostri debiti in valuta straniera e siamo di nuovo in sella lungo la sterrata che passa tra prati, torrenti e ruscelli lungo una foresta di pini cembri, la più alta d’Europa, chiamata God da Tamangur e poi nel mezzo dei pascoli dell'Alp Astras (m. 2122 - km 39,3).

Mentre il cielo sembra non voler infierire, il sentiero sale ancora senza particolari difficoltá tra una basas vegetazione verso il Pass da Costainas (m. 2243 - km 42,0) dove un biker solitario ci conferma che la strada é ancora lunga. Sigle track in discesa fino ad un pascolo (localitá Campatsch) dove inizia lo sterrato che scende veloce a Lü (m. 1936 - km 46,0) paesino tra verdi pascoli da cui ammiriamo, finalmente riscaldati dal sole (22 gradi - max. temperatura giornaliera), il panoramam offerta dalla sottostante Val Müstair e il Pass dal Fuorn/Ofenpass.
Il tracciato nr. 444 scende a valle, a tratti asfaltato e a tratti sterrato, attraversa e costeggia la strada asfaltata fino ai pressi di Valchava (m. 1574 - km 55,9), quindi riprende a salire deciso sulla sterrata che sale lungo la Val Vau, interamente nel bosco fino ai m. 2000 circa. Poi il bosco lascia il bosco a prati incastonati tra rocce e cascate regno di marmotte, che vediamo numerose, e forse dell'orso bruno che dopo 100 anni ha deciso proprio 2 giorni fa di farsi rivedere da queste parti, finché stanchi e umidi (ha piovuto poco ma diverse volte durante la salita) raggiungiamo Doss Radond (m. 2234 - km 63,9) proprio mentre il cielo si apre .... e inizia a piovere di brutto.
Da qui ha inizio un tratto di circa 10 Km veramente fantastico: é paradossale quest'apprezzamento nonostante la pioggia, la scarsa visibilitá, la stanchezza, la velocitá, per sfuggire al diluvio, immaginando cosa sia la Val Mora in una splendida giornata di sole con il suo spettacolare ambiente, unico nella sua continua diversità.

La sterrata scende veloce lungo gobbe tra i pascoli dove brucano mucche e cavalli incuranti dell'acqua, a cui fanno la guardia le imponenti cime che separano a sinistra la Val Mora dalla Val Fraele, costeggiando un tratto del letto del torrente completamente ricoperto da pietre e sabbia nere, in un paesaggio incredibile disegnato nel tempo dalla potenza dell'acqua.

Ad Alp Mora (m. 2069 - km 69,5) la sterrata diventa un single track dapprima scorrevole tra prati ed alberi, poi un sentiero esposto sulla ghiaiosa riva destra del torrente, quindi una traccia lungo la riva sinistra del torrente disegnata su e giú lungo la riva ghiaiose, dentro e fuori da macchie di pini mughi. Superato il confine Svizzera/Italia in localitá Cruschetta spunta il sole, la strada si allarga e diventa nuovamente una sterrata che dopo il Passo di Fraele (m. 1921 - km 75,3) spiana fino al Lago di S. Giacomo di Fraele (m. ........) che costeggiamo sulla riva sinistra fino al Rifugio Fraele (m. 1958 - km 81,6) situato presso la diga che separa questo lago da quello di Cancano.
Sono le 18.15, abbiamo pedalato per oltre 7 ore parzialmente sotto l'acqua e tutto ció che segue é tutto dannatamente strameritato: gli ultimi tiepidi raggi si sole, un giro di hefe-cola, una sana doccia bollente, una cena a base di prodotti tipici (bresaola, funghi, polenta, spezzatino, salsicce annaffiati da un chianti classico per i 3 non weizen-dipendenti e tanto pane bianco ... contento Enrico ?!). Il solito giro di amari e grappe, qualche smazzata a briscola e poi ci arrendiamo al sonno.

Giorno 3 - Lunedí 1 agosto 2005
Km 53,7 - 2502 m. salita - 1867 m. discesa
Rifugio Val Fraele - Bocchetta di forcola - Passo Umbrail - Passo Stelvio - Gomagoi - Solda
- Rifugio Cittá di Milano

Saranno le state le membra provate o il materasso duro a puntino, sta di fatto che il sonno é stato veramente ristoratore ed all'alba di questa terza tappa, temuta al pari della precedente, tutti sembrano in forma smagliante.

Il mattino regala lo spettacolare panorama della cortina di nubi che dalla Val Mora scendono sul Lago di S. Giacomo di Fraele: sono decide gli operai giá al lavoro alla manutenzione dello sbarramento tra i due laghi artificiali, realizzati tra gli anni 1920 e 1950 allagando la valle ed annessi paesini. Il Lago di Cancano, piú a valle, lascia intravedere sul fondo le vecchie mura di abitazioni ed impianti che servirono per la costruzione degli sbarramenti.

Si parte verso le ore 9.00, non prima di una ricchissima e varia colazione e di una foto ricordo sulla diga: la larga strada sterrata resta alta sulla riva del lago, senza alcuna difficoltá, ad eccezione di un tratto sconnesso che permette peró di evitare una lunga e buia galleria, ed i breve giungiamo in localitá Solena (m. 1966 - km 4,3).

Iniziamo a salire lungo la Valle Forcola su una vecchia strada militare a solo uso e consumo di noi bikers: non incontriamo che un paio di colleghi in senso contrario (beati loro!) in mezzo ad una natura selvaggia e sotto un sole finalmente convinto.

In prossimitá della Malga Forcola (m. 2311 - km 9,4) la vista si apre e la salita diventa impegnativa: una carrareccia sale dapprima per ripidi tornanti e procede poi con lunghi traversi più o meno ripidi ma comunque sempre piú o meno pedalabili, tra pecore e marmotte (hanno fatto tane persino sul sentiero) fino alla Bocchetta di Forcola (m. 2768 - km 12,7 - ore 12.00) dove fa bella mostra una storica trincea.

Lo spettacolo che si apre davanti a noi é grandioso: siamo in una zona di fortificazione risalenti alla "guerra bianca", realizzate non solo dagli italiani e dagli austro-ungarici ma anche dagli svizzeri, che temevano un attacco da entrambi i belligeranti, che passando sul loro territorio sarebbero piombati alle spalle del nemico. Imponente il panorama sulla Valle del Braulio, sui ghiacciai di Ortles e Gran Zebrú e sugli ultimi tornanti dello Stelvio (in linea d'aria siamo alla stessa altitudine, ma dobbiamo scendere per poi risalire) che attaccheremo una volta percorso il fantastico single track che scende a sinistra verso Pass Umbrail.

Tranquillizzato Viti, che non si capacitava del fatto di non vedere il sentiero in discesa, si risale in sella in direzione "IV cantoniera" lungo uno strepitoso single track in discesa, a tratti molto esposto, dove ci dobbiamo ogni tanto accodare alle vacche in transito o appiattire sulla sinistra per far passare i pochissimi bikers in salita. Al Passo Umbrail/IV cantoniera (m. 2501 - km 16,7) finiscono contemporaneamente discesa, sentiero e territorio elvetico, il sole torna a splendere e sulle ali dell'entusiasmo divoriamo i tornanti lungo gli ultimi 3 km circa della salita fino al Passo Stelvio (m. 2758 - km 20,1) dove arriviamo prima delle 13.00, giusto in tempo per il pranzo a base di un leggerissimo panino con crauti e salsiccia.

Alcune foto di rito sullo storico "scollinamento", su cui continuano ad affluire turisti su due e quattro ruote, con o senza motore, una moltitudine che spazia dallo scarpone da sci al sandalo etnico, uno sguardo ammirato all'imponente panorama circostante e poi si riparte, lungo i 48 tornanti di una infinita e spettacolare discesa, dove ogni curva regala scorci meravigliosi degni di cartolina.

Dopo 19 km di discesa (!!!) e 1500 m. di altitudine in meno siamo a Gomagoi (m. 1250 - km 39,1), dove deviamo a destra lungo una salita a due facce: infuocata per 6 Km a oltre 32 gradi sull'asfalto, ideale per digerire il mattone consumato a pranzo, poi piú dolce e caratterizzata da temperature molto piú gradite per gli ultimi 3 km che ci conducono al paese di Solda (m. 1890 - km 48,1).

In attesa che Matthias, con evidenti problemi ad un copertone, riesca a farsene omaggiare uno da un samaritano locale, il gruppo giunge alla base (m. 1927 - km 51,0) della salita sterrata che s'inerpica per il tratto finale: siamo alla stazione a valle della Funivia del Madriccio, siamo stanchi, sono le 16.00 passate e l'ultima corsa sale a m. 2610 alle ore 17.00 ..... insomam l'occasione fa l'uomo ladro. Parte del gruppo decide di "sacrificarsi stoicamente a puri scopi scientifici" per testare la funivia piú grande (per portata) del mondo e parte affronta di buon grado le violente rampe dei quasi 600 m. di dislivello che in ca. 3,5 km salgono al Rifugio Cittá di Milano (m. 2581 - km 53,5) ove giungono verso le ore 18.00.
Lo spettacolo che si gode da quassù è meravigliosamente unico: da destra a sinistra Ortles (m. 3905), Monte Zebrù (m. 3735), Gran Zebrù (m. 3851) e Cevedale (m. 3769) ed ai loro piedi i ghiacciai, o quel che di loro purtroppo resta, delle Vedrette di Solda. Il sole che continua a splendere, l'umana curiosità e l'esaltazione giustificata ci spingono oltre fino ai piedi della morena lungo il segnavia nr. 171, al centro di un grandioso anfiteatro naturale, per le indimenticabili foto da mostrare a "chi non c'era".
La giornata si conclude con una cena in cui spicca la zuppa di verdure in busta e la macedonia in scatola: noi comunque, affamati come siamo, divoriamo tutto e festeggiamo il compleanno di Viti con una doppia eno-razione ed una partita a Trivial germanico in cui Andrea si laurea vincitore. Le telefonate intercorse con parenti e amici non ci tranquillizzano sul meteo di domani e, a conferma, mentre ci corichiamo dalla finestra notiamo alcuni perigliosissimi lampi.

Giorno 4 - Martedí 2 agosto 2005
Km 37,7 - 653 m. salita - 2468 m. discesa
Rifugio Cittá di Milano - Passo Madriccio - Rifugio Corsi - Lago di Gioveretto - Morter - Silandro


Ore 6.30: l'incubo maltempo si concretizza. Piove a dirotto, fa freddo e fuori c'è un nebbione da lupi (o forse dovrei dire da orsi , visto ciò che si racconta in giro sia successo qui in torno agli yak di Messner...): l'idea di salire a Passo Madriccio con queste condizioni meteo non aiuta certo a risvegliarsi di buon umore. Ci accordiamo di attendere almeno fino alle 9.00, per vedere se almeno diminuisce l'intensità della pioggia, ma mentre siamo a colazione notiamo che la nebbia si alza e la pioggia cessa.

Cogliamo al volo l'occasione ed alle ore 8.00 precise siamo già in movimento, coperti q.b. per far fronte alle fredde folate di vento che spazzano la larga pista (da sci) sterrata: si sale, chi pedalando chi spingendo, sempre lungo pendenze mai inferiori al 15-20% e condite da leggeri spruzzi di acqua gelida, fino alla stazione a monte della funivia (m. 2850 - km 2,0). La temperatura è in lenta ma inesorabile discesa e il tracciato si fa decisamente più stretto ed impervio, arrampicandosi tra rocce e detriti morenici, nevai e lingue di ghiaccio su pendenze ancora più impegnative: finalmente arriviamo e oltrepassiamo la "mitica" quota 3000, limite mai raggiunto prima in mtb da alcuno di noi.

L'ultimo km, in cui superiamo 250 m. di dislivello e dove spingere non è quasi mai facoltativo, è un tripudio per gli occhi e lo spirito, e nemmeno la temperatura (siamo a 5 gradi) può raffreddare l'entusiasmo per essere arrivati fino qui: dopo 1 ora abbondante dalla partenza e gli ultimi tratti ci siamo, ecco il Passo Madriccio (m. 3123 - km 3,0). Lo spettacolare panorama è solo in parte visibile a causa delle fitte nubi: quello che riusciamo a intravedere comunque è impagabile: da una parte la Vedretta del Madriccio e tutta la valle che abbiamo risalito (lungo cui stanno salendo gli altri bikers ospiti del rifugio), dall'altra la Valle del Madriccio, sulla destra l'imponente cima del Cevedale e le numerose Vedrette che scendono dalle cime, al centro il single track che scende a fondovalle.

Dopo le necessarie foto di rito per immortalare l'impresa inizia l'ultima avvincente discesa in single track di questa edizione del TorTour: ci aspettano ca. 1000 metri di dislivello in ca. 7 km !!! Per fortuna la giornata feriale ed il maltempo hanno tenuto lontano quasi tutti gli escursionisti; ne incontriamo solo un piccolo gruppo nel corso del primissimo tratto, dove tra il resto alcuni passaggi esposti e le rocce posizionate sul tracciato obbligano a spingere. E' un tripudio di forti pendenze, curve strettissime, passaggi tecnici, tratti scorrevoli, veloci saliscendi: terra e rocce lasciano man mano il posto anche alla vegetazione, sempre più diversificata.

Dopo un'ora di discesa giungiamo ad un pianoro a quota m. 2300: uno sguardo dietro le spalle vale più di mille parole per rendere l'idea del magnifico tratto in single track appena terminato ... ma non è ancora finita, perchè ci godiamo ancora ca. 1 km di sentiero prima di arrivare al Rifugio Corsi (m. 2265 - km 8,2) incastonato su uno sperone roccioso al cospetto di imponenti cime (Cima Cevedale, Cima Marmotta, Cima Venezia, Cima Rossa di Martello) e vedrette ed in posizione dominante sulla Val Martello.

Il tratto di single track lungo il segnavia nr. 150 ci regala le ultime emozioni: placche rocciose, poi prato e bosco, con salti di roccia e radici, finchè non inizia il tratto asfaltato presso l'Albergo Genziana (m. 2055 - km 10,0). Si respira già aria di smobilitazione perchè i tratti "adrenalinici" sono terminati, ma riusciamo a ritagliarci ancora uno spazio sullo sterrato che, una volta giunti al albergo Zum See al Lago di Gioveretto (m. 1864 - km 12,3), segue il Sentiero della Val Martello (segnavia nr. 36) sulla riva destra del bacino artificiale, offrendoci anche lo spettacolo della cascata del Torrente Zufritt e un punto di osservazione singolare dalla diga (m. 1852 - km 15,5).

Riprendiamo la strada asfaltata che scende veloce lungo la Val Martello, tra boschi e campi di famose fragole autochtone, per l'occasione affollati dai raccoglitori, che fanno crescere la voglia di gustare un pò di frutta locale. A St. Maria (m. 1556 - km 20,4) torniamo sullo sterrato lungo il segnavia nr. 36 che scende veloce tra la strada ed il Rio Plima fino a Ganda (m. 1267 - km 24,3).

L'ultima sosta della giornata è dedicata ad una visita al consorzio degli agricoltori della Val Martello, da cui usciamo tutti appesantiti da sporte della spesa ricche di frutta e verdura locale: fragole, albicocche, mirtilli, lamponi, ribes, radicchio ...

Poi siamo di nuovo in sella sulla strada asfaltata, in veloce discesa ma con un forte vento contrario giungiamo a Morter (m. 729 - km 32,9) e da qui, lungo la ciclabile che si snoda tra i meli della Val Venosta, ritroviamo l'Adige, lo attraversiamo ed alle 12.30 arriviamo a destinazione: Silandro (m. 711 - km 37,7).

Neanche il tempo di realizzare che anche per quest'anno è finita .... inizia a piovere di brutto: smembriamo e carichiamo le mtb dandoci appuntamento al Biergarten Forst di Foresta per un pranzo di commiato, dove a piovere (oltre all'acqua) sono solo birra, stinchi, e patatine .... ed un pizzico di amarezza per una meravigliosa avventura giunta al termine.

Pensiero (bucolico) finale: "VIVAT, CRESCAT, FLOREAT" come recita la scritta presso la Birreria Forst, state certi che nostra voglia di TorTour darà fiori e frutti anche il prossimo anno.

Alla prossima...

Max